Buonasera dottore, vorrei esporLe in breve la mia storia e, se possibile, avere da Lei un parere. A 35 anni (ora devo farne 37) mi è stata diagnosticata una bassa riserva ovarica. Nonostante lo spermiogramma del mio compagno (45 anni) non fosse ottimo, il centro da cui siamo andati non ha mai approfondito. Così dopo un primo tentativo di icsi fallito (con due embrioni di classe A trasferiti in 3a giornata), decido io di ricorrere all’ovodonazione. Da marzo a giugno, abbiamo fatto 3 tentativi (tutti ovociti della stessa donatrice) tutti con beta 1 (il centro parla solo di sfortuna, dicendo che le mie condizioni sono ottime. Premetto che ho fatto tutti gli esami, alcuni anche di mia iniziativa). Decido quindi di documentarmi un po’ e chiedo al centro di eseguire la frammentazione del dna sulle provette congelate con il liquido seminale utilizzato per le ovodonazioni. Risulta una frammentazione al 40%. A questo punto il centro dice di non inviare quello stesso liquido per un secondo ciclo di ovo e di ripetere l’esame su liquido fresco. Stesso risultato (40%). Il mio compagno ora andrà dall’andrologo per iniziare la cura. I medici mi hanno detto che sto volendo spaccare il capello in quattro e che un esame del genere non dice nulla ne’ tantomeno può essere considerato causa dei precedenti fallimenti. Da qui la mia domanda a Lei. Davvero una frammentazione al 40% non è rilevante? Mi hanno detto che l’unica cosa su cui può avere rilievo e’ un eventuale aborto ma non inficia l’impianto. Inoltre, i medici dicono che hanno fatto questo esame solo perché io ho insistito molto. E addirittura, se per ipotesi la cura dall’andrologo non dovesse dare risultati, ritengono di poter inviare ugualmente il liquido in Spagna. Il mio compagno da’ ragione a loro, ma io non mi sento tranquilla. Potrebbe gentilmente dirmi cosa ne pensa e cosa avrebbe suggerito Lei? La ringrazio sin da ora. Beatrice